lunedì 23 febbraio 2015

Recensione: Il vecchio e il mare di Ernest Hemingway

Non so voi ma personalmente, quando leggo un libro, comincio a idealizzare l'autore. Ernest è uno di quelli che ho immaginato con più affetto, mi fa pensare ad un vecchio zio brontolone e burbero, ma con un grande cuore, sempre pronto a snocciolare vecchie storie da lupo di mare.
Il vecchio e il mare è sicuramente il mio preferito. Credo fermamente che il valore di uno scrittore possa soppesarsi soprattutto quando sforna opere con argomenti "non facili", con "facili"intendo: amore, malattie varie, fantasy, guerra, politica, olocausto e potrei continuare all'infinito. Considero facili quei temi che coinvolgono un vasto pubblico e che, se hanno valore e son fatti bene, sicuramente venderanno tanto e saranno grandi successi.
Questa mia interminabile introduzione ha lo scopo di farvi pensare: come si fa a rendere un capolavoro un libro che parla di un vecchio, che parla con un pesce e per giunta se lo fa fregare dai pescecani?
Se voi ne avete una minima idea scrivetemi, perché io per quanto mi sforzi non riesco proprio a farmene una ragione. Non solo questo testo è un'opera d'arte, ma è stato uno dei libri che più mi ha fatto crescere come lettrice e mi ha spinto a cercare nelle mie letture quella scintilla che solo un artista può creare.
La storia la conoscete tutti (e se così non fosse correte in libreria), questo vecchio saggio, che pesca per vivere va per mare con la sua sgangherata barchetta alla ricerca di marlin (per chi, come me, non lo sapesse è una sorta di pesce spada), ed è solo, dopo che il suo giovane aiutante lo lascia per un impiego più remunerativo.
Quando riesce a farne abboccare uno, dalle dimensioni colossali, tra l'uomo e il pesce si instaura un legame di rispetto e dialogo, per tutto il tempo della sfiancante lotta per la vita (per il pesce sopravvivere, per l'uomo vita a livello economico), che si concluderà con un mezzo lieto fine a livello morale.
Mi rendo conto che spiegato così possa essere poco allettante, ma vi assicuro che vale più di mille scritti con argomenti "facili" e ricchi di ambientazioni e personaggi.
Che altro dire, è uno di quei libri da avere obbligatoriamente in libreria e che probabilmente, se capito davvero ha il potere di cambiare la vita a chi lo legge.

Stefania LeoNoir


sabato 21 febbraio 2015

Mai vissuto

Lei guardò fuori dalla finestra, il velluto nero della notte avvolgeva il mondo, il suo sguardo nel vuoto.
Fu in quel momento che vidi una profonda tristezza passarle negli occhi, i dubbi che solo un cuore fragile può far nascere. Erano pieni di parole mai pronunciate e decisioni lasciate sospese. Vedevo l'ombra di quell'ultimo amore, quello non vissuto, che sapeva di felicità, quello mai iniziato per paura di delusioni.
Era malinconia e solitudine. Era vetro, freddo e fragile. Era come vedere l'inutile perfezione di un'errore mai commesso.
E mi chiesi, con grande sconforto, se si potesse morire per tanto dolore, quando in effetti non si era mai vissuto.

Stefania LeoNoir





venerdì 20 febbraio 2015

29 settembre 2010

UN INCIPIT CREATO ORMAI QUASI CINQUE ANNI FA E CHE NON SONO MAI RIUSCITA A CONTINUARE, LO PORGO A VOI.
ANCHE SE CREDO CHE RESTERA' SEMPRE SOSPESO NEL TEMPO...
29 settembre 2010
Quando il suo aquilone era alto nel cielo, il mondo le sembrava un posto più bello.
Un piccolo dragone rosso e blu, dai colori molto vivaci, la cui coda gialla vorticava nel cielo. La faceva tornare bambina. Era felice. Davvero.
Adorava l'autunno e suoi colori caldi, soprattutto la mattina presto, quando una leggera foschia rendeva irreale il mondo.
Il parco dove si trovava era formato da un'ampia radura ricoperta d'erba e fiori selvatici, al limitare del quale si trovava un piccolo sentiero che attraversava un bellissimo boschetto di querce che, in quella particolare stagione, avevano il meraviglioso e rassicurante aspetto di un nonno in poltrona, con la pipa, di fronte al caminetto.
Dal piccolo borgo di architettura fascista poco distante, proveniva il suono gioioso delle campane del caro campanile, che annunciavano le otto. Suonava preciso ad ogni ora da più di mezzo secolo.
Il cielo grigio borbottava tuoni e prometteva pioggia, lei era di buon umore, l'aria profumava di terra.
Ogni volta si chiedeva come aveva potuto abbandonare quei posti, quegli odori, ma soprattutto quella tranquillità che tanto amava per inseguire una carriera che, si le piaceva, ma la portava a essere inesorabilmente sola.
Lei era positiva, come sempre andava per la sua strada sapendo che qualcosa di meglio era dietro l'angolo.
Arrotolò con cura il filo del suo dragone, e decise di fare una passeggiata sul sentiero delle querce per schiarirsi le idee. In fondo l'aquilone non volava più e lei non era più una bambina.
Fece esattamente cinque passi, poi le furono chiare solo un paio di cose: la sensazione sul viso e sulle mani di erba fresca di rugiada e un intenso dolore alle labbra, e poi, il buio.
Stefania LeoNoir


Cronaca della mia mattina, quando Giorgio Faletti è morto.

4 Luglio 2014

Giorgio Faletti è morto.

La notizia mi colpisce come un pugno, alle undici meno un quarto di un umido e afoso venerdì mattina, tipico dell’estate foggiana.
Prendo una delle mie Chesterfield blu dal pacchetto semivuoto e fisso lo schermo del pc, pensando al perché questa notizia mi colpisca tanto. Una domanda retorica ovviamente, adoravo i suoi lavori, che fossero scritti, dipinti, cantati o recitati.
Giorgio, l’ho sempre considerato un buon amico con cui discutere di argomenti che chiunque altro avrebbe trovato noiosi.
Un mio grande cruccio è quello di non aver avuto la possibilità di conoscerlo di persona e di non averci mai parlato. Forse ci avrei litigato, forse me ne sarei innamorata. Un uomo d’altri tempi, così l’ho sempre immaginato.
La sigaretta si spegne da sola, la cenere che cade sulle dita mi ridesta dall’apatia che accompagna la lettura di mille epitaffi apparsi su Facebook.
Mi faccio un caffè, ovviamente con la moka, forte, nero e amaro. Non sono ancora nemmeno le undici e già ho da pensare, metto su un pezzo poco famoso di Giorgio: La ragazza è stata baciata. Mi ricorda l’adolescenza e mi regala un modo semplice per riempire il vuoto che ho dentro. Certo, la malinconica consapevolezza che mi nasce nel petto forse è meglio del niente.
Mi chiedo se sia stancate avere  tanta arte dentro, se si fosse stato regalato qualche anno in più magari avrebbe creato altri capolavori impagabili.
A questo non c'è risposta ovviamente.
Il caffè è pronto, lo bevo e mi accendo un'altra Chesterfeld, questa volta la fumo fino in fondo. 
La giornata passa, come passa la settimana, il mese e l'anno e il mondo cambia o forse cambiamo noi.

Stefania LeoNoir






Recensione: Memoria delle mie puttane tristi di Gabriel Garcia Marquez

L'anno dei miei novantanni decisi di regalarmi una notte d'amore folle con un'adolescente vergine...

Che dire, già l'incipit è la firma di una delle menti più brillanti dell'ultimo secolo, è prepotente e avvolgente. Potrei sforzarmi di descrivere minuziosamente la trama di questo piccolo e breve capolavoro, di appena 141 struggenti pagine, ma non riuscirei a farvi cogliere nemmeno una briciola della carica emozionale che si porta dietro.
Un anziano e solitario giornalista, con una particolare sensibilità per la musica classica, decide, all'alba dei suoi novantanni, ciò che avete letto nel sopracitato incipit (ora starete pensando: certo cosa c'è di più dolce di un rapporto pedofilo e delle malsane voglie di un vecchio satiro).
Quest'uomo tanto saggio, che ha avuto numerose donne, che dovrebbe essere stanco essendo giunto al'alba della sia vita e che conosce bene il mondo, in qualche modo magico, scopre per la prima volta nella sua vita la bellezza nel dormire con una donna, senza nemmeno toccarla.
Scopre lo splendore dell'attesa, ma soprattutto l'amore, quello che non ha mai cercato nelle altre donne. Come sostiene la sintesi del libro stesso: " l'inizio di una nuova vita in un'età in cui la maggior parte dei mortali è già morta".
Come concludere se non con: io vi consiglierei di leggerlo sempre, almeno una volta l'anno, in quanto lo considero un di quei libri che cambia ad ogni periodo della vita.

Stefania LeoNoir




Il tuo respiro sulla pelle

Un corpo nudo poggiato al mio, tanto vicino che il mio cuore segue il battito del tuo. Una musica lenta, regolare, che sa di antico, di cose giuste, di potente.
Rompe un silenzio assoluto, mi culla. 
Restiamo così, un corpo solo, un solo battito, un solo respiro caldo sulla mia pelle nuda. 
Poi, piano, ti muovi. 
Mi stringi più forte, il cuore pompa più forte.
Mi giri, mi guardi e i tuoi occhi sorridono. La tua gioia è anche la mia.
Poso il naso sul tuo collo, profumi di emozione. Sei caldo, accogliente. 
La perfezione di un semplice, languido momento.
Il sonno arriva con le prime luci dell'aurora. 
L'oblio non è tale se mi respiri sulla pelle.

Stefania LeoNoir


giovedì 19 febbraio 2015

Recensione: IO TI GUARDO di IRENE CAO

Qualche mese fa una mia cara amica ha avuto la gagliarda idea di passarmi quella che molte fonti hanno definito: LA PRIMA TRILOGIA EROTICA ITALIANA. Non è il mio genere preferito e l'autrice non la conosco, ma mi dico: "perché no!?".
Detto questo, non si può non fare un paragone con la più famosa trilogia di E. L. JAMES: 50 sfumature, anche se l'autrice si è ben discostata da quest'opera. Cominciamo!

TRAMA

Elena è una giovane restauratrice d'affreschi che vive a Venezia, lei è tranquilla, calma e a tratti ingenua, sta lavorando ad un'affresco in un palazzo privato per conto di un nobile. La sua vita è tranquilla e noiosa. Ha un'amico speciale Filippo, con un fascino tutto da nerd un po' sfigato.
Tutto fila liscio finché nella vita della nostra protagonista si insinua per caso Leonardo, chef allucinate, siculo, con il fisico da Adone e le voglie di un mandrillo. Lei non fa in tempo a concludere con Filippo, quest'ultimo subito dopo cambia città per impegni di lavoro, che il Grey de noantri la induce a lascivi piaceri carnali. Il resto non lo spoilero per non rovinarvi la sorpresa in caso vogliate leggere l'opera.

COMMENTO

Vi premetto che il libro non mi è né piaciuto né dispiaciuto, l'ho considerata una lettura leggera. Come accennato all'inizio, il paragone con tutte le 50 sfumature della James è inevitabile, soprattutto perché le differenze sono davvero poche e sottili, sia a livello di trama che a livello di personaggi.
Un classico esempio è Gaia/Kate: amica frizzante e modaiola, bella come il sole, presente in entrambi. Come anche la passione per il tè (tisane & co) sia di Ana che di Elena e magari il totale rigetto del protagonista per storie "normali".
Persino il finale del primo volume è identico .
Tralasciando questo piccolo particolare (che per gli estimatori del genere potrebbe essere un valore aggiunto), mi permetto di sconsigliarne la lettura se cercate qualcosa di impegnato e/o ricercato. L'ho trovato semplice nella maniera peggiore del termine, poco esplicativo in passaggi da me ritenuti importanti e al contrario asfissiante per quanto riguarda la snocciolatura di emozioni e sensazione, già abbondantemente spiegate in precedenza!

CONCLUSIONE

Il libro non è il peggiore da me letto, ma mi ha dato come l'impressione che l'autrice a tratti, abbia allungato troppo i tempi solo per avere un giusto numero di pagine da consegnare. Non so se leggerò gli altri due volumi (IO TI SENTO e IO TI VOGLIO), e sapete benissimo, se siete lettori incalliti e scimmiette curiose come me, che questo di per se è già un pessimo segno.


Stefania LeoNoir




Recensione: ATTI DI FEDE di Erich Segal

Ammetto di avere una certa predisposizione per i libri/mattone con argomentoni allucinanti, complicati all'inverosimile e con una fine orrenda, quelli, in pratica, acquistati solo da me, dall'autore, dalla mamma dell'autore e da Giacomo Poretti all'autogrill.
Quando mi sono trovata d'avanti ATTI DI FEDE (già il titolo mi aveva messo in allarme) l'unica cosa che mi ha impedito di usarlo per sedia (si parla di quasi 500 pagine di scrittura minuscola) è stata la mia malsana passione per la teologia e le storie d'amore.
Esatto ragazzi, questo mattoncino lego pesantissimo e alto 5 cm, parla in sostanza  di una storia d'amore tra la figlia di un rabbino (Debora che a sua volta diventa rabbino) e un ragazzo difficile, un teppista cristiano (Timothy che diventerà prete), con l'intermezzo del racconto di come il fratello di Deborah (Daniel che doveva diventare rabbino per forza, essendo l'unico figlio maschio) per colpa di una donna manda a puttane un futuro già prestabilito dal padre. La storia si svolge in ben quindici anni tra Stati Uniti, Israele e Italia.
Se state pensando ad un casino assurdo stile Beautiful con l'aggiunta di croci e stelle di David, VI SBAGLIATE DI GROSSO.
Erich Segal. Scommetto che davvero pochi di voi lo conoscono, ma se vi dicessi, che nel 1970 preparò la sceneggiatura del famoso LOVE STORY da cui trasse l'omonimo romanzo, forse a qualcuno si accenderà una lampadina.
Per me fu uno dei più grandi scrittori del XX secolo, capace di tenere in piedi parecchi personaggi allucinanti e complessi tutti insieme, di descrivere posti, riti religiosi e abitudini di popoli culturalmente lontani dall'occidente con una semplicità inverosimile e di descrivere l'amore provocando emozioni così forti che leggendolo, più di una volta, mi son trovata io stessa a commuovermi, come se stessi piangendo per un membro della mia famiglia.
Concludendo io vi consiglio vivamente la lettura (se ne avessi il potere vi costringerei) di quello che a oggi è, abbondantemente e saldamente, nella top five dei miei libri preferiti.

Stefania LeoNoir


mercoledì 18 febbraio 2015

Recensione: 50 SFUMATURE secondo me

E' la trilogia che ha appassionato le ragazze di tutto il mondo (e non solo le ragazze), è stato il libro che ha fatto avvicinare alla lettura milioni di donne che fino al giorno prima a stento leggevano il libretto d'istruzione del frullatore (e in alcuni casi sarebbe stato meglio  se avessero continuato a vivere nell'ignoranza), è diventato uno dei film più aspettati di sempre (per me era meglio quando dovevamo aspettare Harry Potter, anche se sprovvisto di frustini, manette e dilatatori vari), insomma l'avete capito: 50 SFUMATURE di E. L. JAMES. Ebbene si, ne parlo anch'io, col rischio cadere nel banale.
Non né ho potuto fare a meno, in fondo da più di un mese siamo bombardati da pubblicità, post sui social e quant'altro. Personalmente ho letto la trilogia per pura curiosità, poco meno di due anni fa, quando è stato gridato al caso editoriale, ai record battuti e, perché no, all'incredibile successo tra le donne di un libro dagli espliciti contenuti sessuali e dalla presenza di un rapporto dominatore/sottomessa.
Ve lo dico subito, NON MI E' PIACIUTO. Fosse solo la trama il problema potrei passarci sopra, ma la cosa che più di tutto mi ha deluso è lo stile con cui questa storia è stata esposta: povera di contenuti, con una  semplicità che rassomiglia ad un sussidiario scolastico, e mi ha lasciato l'impressione (soprattutto nel secondo) che le scene di sesso e varie fossero presenti solo per riempire chiare falle nella trama, ahimè poco originale all'inverosimile. Con questo non voglio dire che semplicità è sempre male, basti pensare ad uno dei miei libri preferiti, Il Piccolo Principe, scritto in maniera elementare ma con una classe e un talento assurdi.
A discolpa della suddetta trilogia, però devo dire che capisco benissimo tutte le donne che ne sono rimaste ammaliate. In fondo chi non vorrebbe essere Ana ed venire salvata e corrotta ai facili costumi da uno ricco, figo e tenebroso come Mr Grey. In un mondo dominato da uomini capaci di eccitarsi soprattutto di fronte ad un rigore a alla parmigiana della mamma (non tutti, ma tanti lo stesso), quest'opera forse rappresenta un modo come un altro per evadere e restare incatenate ancora al principe azzurro (al posto della scarpetta ti farà indossare delle palline di metallo ma a mali estremi ecc...). 
Quindi non mi sento né di condannare né di criticare tutte quelle romantiche rimaste incantate da cotanto erotismo facile e gratuito. Mi permetto dal basso della mia posizione però di elargire un consiglio gratuito e spassionato: l'erotismo non si trova nei gesti eclatanti, nei corpi nudi, nei gemiti forti o nei sex toys. Esso è tanto piacevole, quanto più è sottile, sussurrato, quasi inconsistente. Lo trovereste uguale o più forte in uno sguardo muto, in un profumo appena accennato, nel movimento impercettibile di polso che vi accarezza una mano o in un qualsiasi libro valido dove i protagonisti non hanno nemmeno bisogno di togliersi la giacca. 

Stefania LeoNoir




venerdì 13 febbraio 2015

Una lacrima

Schegge di un passato lontano, fanno largo nella mia mente stanca.
Un bicchiere di rum, una sigaretta lasciata morire a metà e disegni di fumo vibrato nell'aria ferma della stanza.
Un'assordante silenzio a fare da sfondo ad una solitudine ben voluta.
Pensieri si susseguono.
Un profumo, il tocco di una mano grande, un sorriso e, come sempre, i tuoi occhi.
Una nuova triste compagna, scivola placida da una guancia. 

Stefania LeoNoir





mercoledì 11 febbraio 2015

INNAMORARSI IN SILENZIO

La prima volta che ti vidi, ciò che più mi colpì furono i tuoi occhi. Immensi, tristi, emozionanti fari verdi, di una profondità sconvolgente capaci di scavare enormi crateri nella mia anima stanca.
Eri come me, lo capii subito. Non avevamo mai parlato, ma il tuo sguardo fisso sul mio corpo valeva mille discorsi inutili.
Le parole non servivano, ma quando finalmente la tua voce è risuonata nella mia testa scoprii il suono più bello del mondo. Non avrei mai più dovuto ascoltare musica. Ero sazia del suono che avrebbe accompagnato per sempre le mie notti insonni, e se mai fossi riuscita a dormire, i miei sogni sarebbero stati la tua casa.
Non mi era mai successo, scoprire uno spirito affine al mio, restare colpita da qualcosa di tanto perfetto, il legittimo proprietario del mio cuore, e non sapevo nemmeno il tuo nome.
I giorni passarono placidi e troppo lunghi, ti vedevo poco, per caso. Quasi una punizione perché non avevo saputo aspettarti, perché ero già stata di qualcuno, perché avevo scambiato un semplice bisogno emotivo e fisico, per quello che eri tu. AMORE.
Il tuo nome, accorciato per vezzo in cinque banali lettere, grazie al quale le labbra si toccano due volte nel dirlo. All'inizio buffo, come solo i nomignoli possono essere, che avevo già sentito mille volte, ma che prende l'aspetto di qualcosa di concreto a cui ci si abitua, ma che non stanca mai. 
E' cominciata così, per caso, per via del destino o forse perché avevo cominciato a non credervi più.
Eri qualcosa di unico e irripetibile, un fiore raro che non si coglie ma si nutre con pazienza.
Ma la mia storia non ha un lieto fine, ciò che sentivo era timido e acerbo, come tutto ciò che è puro. Non ho mai fatto accenno all'immensità che mi ha fatto nascere in petto. Così, Lui, semplicemente un giorno è sparito, credendo di non essere visto per il meraviglioso miracolo che era.
E' nato per morire silenzioso e solo in angolo di me stessa, forse solo immaginato da una mente sognate e stanca del nulla.
Ora ho solo la consapevolezza della sua assenza, che vi sembrerà stupido, ma è ciò che  di più caro mi resta, mi ricorda l'emozione, l'esplosione magica di quando con quei suoi immensi occhi mi guardava e io, non potevo fare a meno di innamorarmi i silenzio.

Stefania LeoNoir