UN INCIPIT CREATO ORMAI QUASI CINQUE ANNI FA E CHE NON SONO MAI RIUSCITA A CONTINUARE, LO PORGO A VOI.
ANCHE SE CREDO CHE RESTERA' SEMPRE SOSPESO NEL TEMPO...
ANCHE SE CREDO CHE RESTERA' SEMPRE SOSPESO NEL TEMPO...
29 settembre 2010
Quando il suo aquilone era alto nel cielo, il mondo le sembrava un posto più bello.
Un piccolo dragone rosso e blu, dai colori molto vivaci, la cui coda gialla vorticava nel cielo. La faceva tornare bambina. Era felice. Davvero.
Adorava l'autunno e suoi colori caldi, soprattutto la mattina presto, quando una leggera foschia rendeva irreale il mondo.
Il parco dove si trovava era formato da un'ampia radura ricoperta d'erba e fiori selvatici, al limitare del quale si trovava un piccolo sentiero che attraversava un bellissimo boschetto di querce che, in quella particolare stagione, avevano il meraviglioso e rassicurante aspetto di un nonno in poltrona, con la pipa, di fronte al caminetto.
Dal piccolo borgo di architettura fascista poco distante, proveniva il suono gioioso delle campane del caro campanile, che annunciavano le otto. Suonava preciso ad ogni ora da più di mezzo secolo.
Il cielo grigio borbottava tuoni e prometteva pioggia, lei era di buon umore, l'aria profumava di terra.
Ogni volta si chiedeva come aveva potuto abbandonare quei posti, quegli odori, ma soprattutto quella tranquillità che tanto amava per inseguire una carriera che, si le piaceva, ma la portava a essere inesorabilmente sola.
Lei era positiva, come sempre andava per la sua strada sapendo che qualcosa di meglio era dietro l'angolo.
Arrotolò con cura il filo del suo dragone, e decise di fare una passeggiata sul sentiero delle querce per schiarirsi le idee. In fondo l'aquilone non volava più e lei non era più una bambina.
Fece esattamente cinque passi, poi le furono chiare solo un paio di cose: la sensazione sul viso e sulle mani di erba fresca di rugiada e un intenso dolore alle labbra, e poi, il buio.
Un piccolo dragone rosso e blu, dai colori molto vivaci, la cui coda gialla vorticava nel cielo. La faceva tornare bambina. Era felice. Davvero.
Adorava l'autunno e suoi colori caldi, soprattutto la mattina presto, quando una leggera foschia rendeva irreale il mondo.
Il parco dove si trovava era formato da un'ampia radura ricoperta d'erba e fiori selvatici, al limitare del quale si trovava un piccolo sentiero che attraversava un bellissimo boschetto di querce che, in quella particolare stagione, avevano il meraviglioso e rassicurante aspetto di un nonno in poltrona, con la pipa, di fronte al caminetto.
Dal piccolo borgo di architettura fascista poco distante, proveniva il suono gioioso delle campane del caro campanile, che annunciavano le otto. Suonava preciso ad ogni ora da più di mezzo secolo.
Il cielo grigio borbottava tuoni e prometteva pioggia, lei era di buon umore, l'aria profumava di terra.
Ogni volta si chiedeva come aveva potuto abbandonare quei posti, quegli odori, ma soprattutto quella tranquillità che tanto amava per inseguire una carriera che, si le piaceva, ma la portava a essere inesorabilmente sola.
Lei era positiva, come sempre andava per la sua strada sapendo che qualcosa di meglio era dietro l'angolo.
Arrotolò con cura il filo del suo dragone, e decise di fare una passeggiata sul sentiero delle querce per schiarirsi le idee. In fondo l'aquilone non volava più e lei non era più una bambina.
Fece esattamente cinque passi, poi le furono chiare solo un paio di cose: la sensazione sul viso e sulle mani di erba fresca di rugiada e un intenso dolore alle labbra, e poi, il buio.
Stefania LeoNoir
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