domenica 26 maggio 2019

AMARCORD

Contai ad uno ad uno i seicento chilometri che ci dividevano, sapevo che un paio d'ore non mi sarebbero bastate per carpire il segreto di quella strana donna, quasi esoterica che tanto mi incuriosiva.
Ci saremmo visti per un caffè, qualche chiacchiera che sicuramente mi avrebbe lasciato con la voglia di saperne di più. Di lei. Della sua vita. Della sua mente, che senza sforzo era riuscita a catturare la mia. 
È strano come tutto diventa relativo quando qualcosa ti affascina. Tante ore di sonno perso, di viaggio e di solitudine non potevano minimamente competere con un caffè, amaro e forte come lo preferiva, con Lei.
Era diventato tutto stranamente normale, stranamente troppo presto. Le volevo bene, desideravo davvero guardarla negli occhi, eppure ero privo di qualsiasi malizia o insano egoismo. Volevo viverla, volevo che Lei vivesse me, ma non era concepito il possesso. Era bisogno, ma non carnale, nemmeno emotivo. Era voler stare con lei, perché qualsiasi altra cosa risultava insulsa e meno piacevole.
Avevo un numero infinito di domande ed altrettante risposte pronte.
Poi accadde, la vidi. Era davvero di fronte a me.
La prima stupida cosa che pensai fu che era più alta di quanto avessi immaginato. La sua pelle emanava un leggerissimo aroma caldo come quello che senti all’alba d’estate, non poteva essere nulla di artefatto e sintetico, era il suo odore. Ebbi la certezza che sarei impazzito presto.
Gli occhi grandi e dolci come li avevo immaginati e tutto in lei risultava accogliente.
Parlai molto, senza accorgermi del tempo che passava e dei suoi silenzi che tanto, mi resi conto solo dopo, avevano scavato dentro di me.
Il caffè divenne freddo e l'ora del ritorno a casa arrivò troppo presto.
Il congedo fu una delle cose più strane che mai mi capitarono di provare nella mia, discretamente lunga, vita. Non aveva affatto a che fare con la tristezza che aspettavo. Era qualcosa di più profondo ed astratto. Nostalgico, forse malinconico ma non triste. Mi venne in mente la parola AMARCORD. Già mi immaginavo a godere di quella mancanza, della sua assenza. Avevo l’assoluta certezza che l’avrei accolta come una fedele compagna di viaggio perché apparteneva a Lei. Era sua. E niente di quella quella donna avrebbe mai potuto recarmi danno.
Prese la mia mano e se la portò alla guancia, toccai la sua pelle calda ed il mio cuore esplose la centesima volta in quella lunga e breve giornata.
Il mio addio fu un casto bacio all’angolo sinistro delle sue belle labbra e più che andar via, scappai via da lei e da tutte quelle meravigliose sensazioni che mi aspettavano dopo.
Se io l’abbia rivista o meno poco importa. Ma ciò che provai in quelle poche ore irreali non le dimenticherò mai.
A volte non importa il risultato di alcune storie, l’importante è che esse avvengano.
Stefania LeoNoir


Image: Frida Castelli

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